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Foto Robert Schrader - Pexels

Giorno della Memoria. Come ricordare?

Da un po' di tempo mi interrogo sull'efficacia delle celebrazioni per il Giorno della Memoria. Una data che non posso trascurare ma che mi sembra di riuscire a onorare solo con il silenzio.

Contro il Giorno della Memoria

“Il Giorno della memoria è entrato nel calendario civile… come presunto momento di riflessione. Anzi no: di rievocazione. Serve a ricordare quello che è successo. Non ci dice che cosa fare, una volta ottenuto quel ricordo.

(…) Il Giorno della Memoria sta dimostrando, purtroppo, che la memoria non porta necessariamente un segno positivo, non è utile o benefica di per sé. 

(…) Ma la violazione peggiore, quella più grave e sicuramente più gravida di conseguenze, è quella di considerare il Giorno della Memoria come l’occasione di un tributo agli ebrei, un postumo e ovviamente simbolico risarcimento.

Non è, non dovrebbe essere nulla di tutto questo.

Il Giorno della Memoria riguarda tutti, fuorché gli ebrei che in questa storia hanno messo i morti. Che non l’hanno ispirata, ideata, costruita e messa in atto. Che non l’hanno neanche vista, in fondo: ci sono precipitati dentro. Era buio: Gli altri sì che hanno visto. È questo sguardo che dovrebbe celebrarsi nel Giorno della Memoria. Allora nel presente, oggi verso il passato.

E non è uno sguardo nemmeno consolatorio. La consolazione starebbe caso mai nella possibilità di dimenticare, nel lasciarsi veramente alle spalle questa storia, non portarne più addosso e dentro quel peso intollerabile.

(…) Il silenzio, per l’appunto. Non l’affanno di voci, parole, immagini.

Ma no, non certo per far sì che non accada mai più. La memoria non porta con sé nessuna speranza. La cognizione del male non è un vaccino. “Ricordare perché non accada mai più” è una frase vuota. Se anche non dovesse accadere mai più, non sarà per merito della memoria, ma del caso”.

Elena Loewenthal, Contro il giorno della Memoria, Add edizioni, 2014.

Lo sguardo di billy wilder

È questo sguardo che dovrebbe celebrarsi nel Giorno della Memoria”. Non so se sia utile, proprio oggi, aggiungere altre immagini, da un po’ sono convinta che Elena Loewenthal abbia ragione, e l’esperienza come giurata in un concorso sul tema ha rafforzato in me la convinzione che manca davvero una riflessione approfondita sul ‘come’ fare memoria. (Se vuoi approfondire ti consiglio anche un articolo di Valentina Pisanty sull’efficacia delle celebrazioni “Per non dimenticare”).

Eppure so che il mio silenzio passerebbe ancor più inosservato delle mie parole. Dunque, pubblico il link al documentario Death Mills perché lo sguardo è quello di Billy Wilder, regista austriaco di origini ebraiche che nei campi di sterminio perse quasi tutta la famiglia, al quale il governo statunitense chiese di montare i materiali girati dagli eserciti alleati nei campi di concentramento.

Wilder accennò solo raramente alla sorte dei suoi famigliari, ma in più film trattò il tema della guerra con il suo stile tagliente e, come molti scrissero, agrodolce: ne ricordo due, Scandalo internazionale e Stalag 17, che racconta una storia ambientata proprio in un campo di lavoro tedesco. Non riuscì, invece, a girare Schindler’s list (“it would have been something of my heart, you know”, disse a Cameron Crowe nel bellissimo libro-intervista Conversations with Wilder), che avrebbe voluto come sua opera d’addio. 

Death mills è liberamente visibile e scaricabile sul web. Per via della immagini, davvero potenti, su YouTube è richiesto l’accesso; in alternativa puoi vederlo su Archive.org.


Riproduci video su Death Mills - Documentario
Billy Wilder

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