Guareschi, sì, ma anche Umberto Onorato e forse Riccardo Chicco per la gente di teatro; per lo sport Carlo Bergoglio – Carlin – e, per la politica, i più attuali Giorgio Forattini e Emilio Giannelli: questi e molti altri sono i nomi che salgono alla mente scorrendo i disegni di Mario Franci, non ultimo, per alcuni tocchi insolitamente spessi, Jacovitti con le sue visioni grottesche.
Di indubbia utilità per la comprensione dello sfondo (il contesto) sul quale si colloca l’opera di un artista che in punta di matita raccontò circa settant’anni di storia patria, il confronto con i più noti colleghi non offusca le peculiarità del segno di Fran che, pur capace di implacabili giudizi (Hitler), si distingue per un fondamentale tratto di gentilezza, di com-passione (“sentire con”) verso le debolezze della natura umana.
Icastico e talora decisamente severo, a volte amaro – il retrogusto di chi in guerra “ha perso tutto esclusa la pelle” -, spesso riflessivo e bonario, sottilmente ironico (vena, questa, che la figlia Ambra pare aver ereditato, come dimostrano i ricordi pubblicati in apertura) ma mai sarcastico,
Franci possiede senz’altro il dono del caricaturista vero, la capacità cioè di fissare un carattere in una linea, arrivando al nocciolo (all’anima?) delle persone senza disperdersi in futili sovrappiù. Ancora tutta da studiare, già da una prima ricognizione l’opera di Fran riserva delle sorprese: i “commenti grafici” sull’Amministrazione Comunale di Milano (sindaco Gino Cassinis), nella cui Giunta sedeva in quei primi anni Sessanta anche l’assessore all’Economato Benedetto poi Bettino Craxi; una galleria di personaggi che inducono al sorriso ricordando l’Italia di cinquant’anni fa, da Vittorio Orefice a Edmondo Bernacca a Ave Ninchi a Tino Scotti, fino ad arrivare ai tuttora attivissimi Roberto Gervaso, Maurizio Costanzo e Bruno Vespa per citare solo i più noti; intellettuali, artisti e campioni dello sport dell’Italia dell’immediato dopoguerra: Guido Piovene, Camilla Cederna, Arturo Toscanini, non escluso l’anziano Benedetto Croce e un apollineo Ottavio Tai Missoni, campione olimpico nella Londra del 1948. E poi i già citati politici, che prendono posto accanto ai teatranti Macario, Emma Gramatica, Enrico Viarisio, Nino Besozzi, Antonio Gandusio, Umberto Melnati, Eduardo De Filippo, Vittorio De Sica e Totò: insomma, un vero e proprio album di figurine capace di far emergere, appunto nella tonalità del sorriso, la storia più vera del nostro paese.
“Uno che sa scrivere aforismi non dovrebbe disperdersi a fare dei saggi”, diceva più o meno Karl Kraus, che con la fiaccola* di una parola cristallina e dolente per quasi quarant’anni, tra le due guerre, provò a fare luce nell’oscurità che inghiottiva l’Europa. Fatte le debite proporzioni, la dimensione contenuta di questo primo, piccolo omaggio non dispiacerà forse a Fran – al secolo Mario Franci, l’autore del lampioncino.
*La rivista “Die Fackel”, creatura prediletta dell’intellettuale austriaco, da lui pubblicata dal 1899 al 1936, anno della morte.
Cristina Ortolani