“Perdere la faccia”
L’introduzione al numero 1 della rivista
Se la faccia è il luogo in cui ha inizio l’etica della società, che cosa accade alla società quando la faccia che invecchia è modificata chirurgicamente e repressa dalla cosmesi e il suo carattere accumulato è falsificato? Quale danno etico si produce quando le facce invecchiate hanno scarsa visibilità? O quando esposte alla pubblica vista sono solo le facce depilate, truccate e rese telegeniche per garantire un prodotto? Oppure quelle non ritoccate che appaiono abbastanza miserande da commuoverci un po’?
James Hillman, 2007
Perdere la faccia. Certo il rischio è dietro l’angolo. O forse, in questi nostri tempi tristi (la definizione, nota quanto pregnante, è di Ilvo Diamanti), la faccia l’abbiamo già perduta da un pezzo, tra il timore di affacciarci (fuori dal virtuale, oltre il narcisismo e la paura) e l’assedio di facce toste, da schiaffi, sempre più di bronzo, che sistematicamente irridono l’idea di trovarsi faccia-a-faccia, inchiodati dal monito di Dorian Gray.
Eppure, senza andare troppo lontano, c’è ancora qualcuno capace di pensare che valga la pena di mettercela, e così com’è, la propria faccia: è questa la riflessione che percorre le pagine del numero uno di “Promemoria”, costellate di volti, sguardi, ombre, anche. In loro, di nuovo, una fitta tessitura di storie (pardon, microstorie), oggetti, luoghi, che la pazienza del tempo restituisce in un disegno senza infingimenti. Solido come un numero scritto col lapis sul libro dei conti, sottile come il graffio inchiostrato di un’incisione o come il ricamo delle rughe, questo disegno molto ha a che fare con quella memoria morale di cui parlava Dietrich Bonhoeffer nel 1944 e, ascoltato con attenzione, indica che portare la responsabilità di un passato è ancora possibile, per non farci inghiottire dalla smemoratezza.
Qui, nella piccola città di Pian del Bruscolo, ci sentiamo in buona compagnia a sapere che anche un bluesman quale Zucchero Sugar Fornaciari impasta nel suo ultimo lavoro il suono della domenica, la tovaglia buona, le campane della messa e il dialetto dei suoi vecchi con le voci di Guccini, Bono e Iggy Pop: anche questo è un antidoto, e potente, alla smemoratezza.
Dov’è oggi questa “memoria”? La perdita di questa “memoria morale” – orribile parola! – non è forse il motivo dello sfaldarsi di tutti i vincoli, dell’amore, del matrimonio, dell’amicizia, della fedeltà? (…) Chi non è disposto a portare la responsabilità di un passato e a dare forma a un futuro, costui è uno “smemorato”, e io non so come si possa colpire, far riflettere una persona simile. Poiché qualsiasi parola, anche se al momento è capace di fare impressione, viene poi inghiottita dalla smemoratezza.
Dietrich Bonhoeffer, 1944
Di nuovo, grazie a tutti coloro i quali hanno contribuito a realizzare la Memoteca e “Promemoria”, dai collaboratori della rivista agli amministratori, al personale dell’Unione dei Comuni Pian del Bruscolo e dei Comuni a essa aderenti. Un grazie speciale a chi sostiene il progetto, dimostrando ogni volta partecipazione sincera e, naturalmente, ai testimoni, con tutta la loro quotidiana umanità, alla quale ricorriamo per scansare gli inganni dell’abuso di memoria, stigmatizzato anche di recente da Tzvetan Todorov.
Ah, dimenticavo. Quando ci ritroveremo su queste pagine sarà il 2011. Buon Natale, Pian del Bruscolo-Grover’s Corner, e Buon Anno Nuovo.
Cristina Ortolani
