Cosa significa principessa, se non l'anima su cui cadde una scelta?
Cristina Campo
Umili e forti, coraggiose, mai vinte e ricche di dignità; capaci di governare con la forza dell’attenzione, di uno sguardo che tutto sa abbracciare e molto comprendere: davvero sono regine le donne i cui volti si affacciano dalle immagini presenti in mostra. Segnati dalla vita, spavaldi di gioventù, il più delle volte anonimi, questi volti colpiscono per la loro verità, per la capacità di testimoniare luoghi, situazioni, pensieri prima ancora della fatica del lavoro, pure ampiamente documentata nei suoi diversi aspetti.
Immagini che compongono una storia (la storia?) scandita dai dettagli, dove una mano, un fazzoletto o una pentola acquistano il valore di simboli, emblemi araldici che rispecchiano vite, proprio come nelle fiabe care all’imperdonabile Cristina Campo. Insieme con Simone Weil, Maria Zambrano, Hannah Arendt (ma anche Anna Kuliscioff e le ‘nostre’ Sparta Trivella e Adele Bei), Cristina Campo è una delle voci affiancate alle fotografie, a segnare un contrasto che già dal titolo inquadra una scelta di prospettiva: voci di donne e uomini eccezionali ma anche voci meno note, come quelle che aprono il percorso espositivo in un dialogo sul senso del lavoro – del vivere – al femminile.
Un’ultima annotazione. Lo sguardo al femminile è costitutivo del nostro racconto: un po’ perché da sempre custodire la memoria è affare da donne ma soprattutto perché molte delle fotografie che vedrete sono state scattate da donne, anche in tempi in cui fare la fotografa appariva piuttosto bizzarro.
Grazie a tutti coloro, donne e uomini, che con le loro testimonianze, segnalazioni e immagini ci hanno aiutato a realizzare questo lavoro.
Cristina Ortolani, 2008
