Un libro per ritrovare nelle stanze della memoria il segreto della felicità.
Ok, forse mi sono lasciata prendere un po’ la mano. Ma è che sono proprio contenta di presentarti il diario creativo Ti ricordi?, dove ho raccolto molto di quello che ho imparato in vent’anni di lavoro sulla memoria personale e collettiva.
Sette giochi/esercizi e un intermezzo da sperimentare in solitudine o con gli amici, più un bel po’ di idee e fogli-lavoro per riconoscere le tracce del tuo passato e riutilizzarle in forma creativa.
Qui sotto puoi leggere l’introduzione, ma se vai di fretta ti consiglio di guardare il booktrailer (1 minuto e 20 secondi circa) nella pagina del libro e scaricare l’estratto gratuito.

Creare è ricordare
La memoria pervade le nostre giornate. Dalle ricette della nonna alle cartoline d’epoca sui social al marketing della nostalgia ogni cosa si trasforma quasi istantaneamente nel suo ricordo, mentre ci illudiamo di ingannare il grande divoratore accumulando frammenti.
L’avvento della memoria, nota lo storico francese Pierre Nora, è forse la risposta a un’accelerazione della storia sconosciuta sino a pochi decenni fa; la nostra, umanissima reazione di fronte a un tempo di cui non riconosciamo più la linearità: un’incertezza assoluta pesa ormai su ciò che sarà il futuro, vincolando il presente al ricordo. Sbatacchiati nel vortice temporale, neppure minacciati dalla pandemia riusciamo a trarre vantaggio dagli errori commessi ma, insomma, veniamo a noi.
Ti ricordi nasce dal mio lavoro sulla memoria quotidiana delle persone e delle comunità locali. Da oltre vent’anni raccolgo e restituisco storie e memorie (nel mio piccolo ho contribuito senza risparmio all’ondata memoriale di cui parla Nora) attraverso libri, siti web e progetti multimediali dedicati in gran parte al territorio dove sono nata e vivo, al confine tra Marche, Romagna e Montefeltro. Tra queste pagine risuona l’eco di un migliaio di incontri e di molti passi, camminati perlopiù lungo vicoli e piazze di paese; riverberano i colori di un buon numero di fotografie, e la serendipità di infiniti ritrovamenti tra soffitte e scantinati.
Vuoi per esercizio, vuoi per inclinazione personale (le storie di fantasmi di paese della nonna devono avermi segnato), l’appuntamento con i ricordi è diventato un’abitudine, una sorta di cornice che inquadra i cambiamenti, miei e di ciò che mi circonda. Inquadra ma non ingabbia: in Ti ricordi non troverai nostalgici auspici a «tornare come prima», perché non è per niente vero che si-stava-meglio-quando-si stava-peggio. Me l’hanno insegnato le centinaia di vecchie e vecchi dei quali ho raccolto le testimonianze (niente politically correct, «vecchio» ha la solidità delle querce secolari): spesso ultranovantenni, sopravvissuti a una guerra, a volte due, tutti possedevano una curiosità vivace, sostenuta dalla capacità di convertire i ricordi in racconti ricchi di senso. Una specie di riserva cui attingere nei momenti difficili. Sono grata alle loro voci perché mi hanno insegnato sul campo che la memoria è davvero attiva e che, pur nel rischio della polverizzazione del tempo, può sostenerci nell’immaginare il presente e il futuro.
Ti ricordi prova a comporre questa esperienza in una piccola guida per riconoscere le tracce del proprio passato e riutilizzarle in forma creativa. Sette giochi/esercizi, un intermezzo e qualche appunto in libertà per riflettere sul valore della memoria nella quotidianità, da soli o, perché no, con gli amici.
Il tema è grande, ed è bene specificare cosa questo libro non è: non è un manuale di mnemotecnica (piuttosto, leggerai di quanto la memoria possa essere vaga) né un saggio sulla Memoria, dove la Maiuscola puntualizza il dovere di mantenere il ricordo di tragedie collettive, dalla Shoah agli attentati dell’11 settembre 2001. Non è neppure un libro di psicologia, anche se acquisire consapevolezza nel rapportarsi ai propri ricordi aiuta a far pace col tempo.
Ti propongo solo tecniche e attività che ho sperimentato personalmente, condivise e affinate in laboratori e progetti. Tra un esercizio e l’altro troverai digressioni e approfondimenti (le pagine color avana), un modo per accoglierti nel mio studio e mostrarti come ho definito il metodo di Ti ricordi. Con lo stesso intento ti offro citazioni da libri e film che frequento assiduamente in cerca di ispirazione. Alle ‘istruzioni per l’uso’ che leggerai più avanti aggiungo una considerazione: la memoria è un processo dinamico, non un magazzino, e per questo ho lasciato affiorare un poco della complessità del percorso, non sempre lineare tra rimandi e sollecitazioni.

Memorie condivise
Per certi versi Ti ricordi? è stato per me una sorpresa. Abituata a ricostruire sequenze cronologiche, a orientarmi all’accuratezza anche nella restituzione, ho imparato a guardare alla memoria da un’altra prospettiva, quella, appunto, delle connessioni. Le connessioni tra i sensi, tutti coinvolti nell’atto del ricordare ma, soprattutto le relazioni che la memoria, autobiografica e collettiva, riesce ad attivare tra noi e gli altri. Condividere ricordi, meglio se fuori dai social, è anche una via per conoscersi, un po’ come guardare i quadri o curiosare tra gli scaffali delle librerie altrui.
Ogni capitolo/esercizio si conclude con un’idea per collezionare ricordi felici. Ho esitato nella scelta dell’aggettivo: felice mi è sempre parso presuntuoso rispetto a ciò che possiamo aspettarci, oltretutto abusato. Poi mi è tornato in mente l’antropologo Marc Augé: Questi momenti di totale consapevolezza li definisco momenti di felicità. Nel loro insieme, rappresentano la via stretta che lascia intravvedere l’essenza di un essere umano generico e che un giorno, condivisa da tutti, potrebbe sfociare nell’effettiva presa di coscienza del genere umano in quanto tale.
Creare è ricordare, ha scritto Victor Hugo. Prova a invertire l’ordine delle parole e vedrai che vale anche il contrario: ricordare è un atto creativo, di una potenza rara e feconda.
Ora tocca a te. Buon viaggio e, se ti va, fammi sapere com’è andata.
Cristina Ortolani
29 giugno 2020
Se non vogliamo che il tempo passato sia tempo perduto dobbiamo dargli presenza.
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